Architettura d’interni. Estetica ed equilibrio nel funzionale
Ciò che un tempo caratterizzava le strade, le città e gli appartamenti, ora lascia spazio alle influenze più vaste e lontane, togliendo e sommando continuamente identità al vivere con costruzioni non sempre attente al tessuto e alle esigenze del singolo individuo. L’architettura d’interni in passato si è sempre plasmata partendo dalle esigenze della persona, dove è l’architettura stessa ad influenzare il modo di vivere negli spazi interni, parlandoci di luce, calore, estetica e perfino di qualità dell’abitare.
I più alti maestri, come Le Corbusier, Mies Van Der Rohe, sono riusciti a sintetizzare pochi e semplici principi che uniscono estetica e funzionalità: edifici utili, materiali e sistemi costruttivi subordinati all’utilizzo, bellezza, che consiste nel rapporto diretto tra edificio e corpo, estetica, ciò che è funzionale è anche bello e rapporto con il contesto circostante.
Pochi e semplici concetti che dimostrano come l’estetica poteva rappresentare la funzionalità costituendo un equilibrio assoluto.
La misura umana ideale: equilibrio tra morphe ed eidos
Troppo spesso, oggi, questa concezione è andata svanendo, prediligendo l’estetica. I nuovi edifici, i nuovi insediamenti urbanistici e le nostre abitazioni sono subordinate ad essa. Incredibili facciate arricchite da materiali innovativi o design d’interni che badino solo all’apparenza non prestando attenzione ai flussi fisiologici della vita quotidiana, rappresentano oggi gli standard dell’architettura, dove ciò che vi è dentro è solo il risultato dell’involucro esterno.
Limitati dal tempo e dalla concorrenza, i nuovi architetti trascurano che dietro ogni singolare e grande progetto ci debba essere equilibrio tra estetica e funzionalità e come anche una cosa bella possa diventare insopportabile – molti, non tutti per fortuna.
La relazione tra bellezza ed utilità appare nel presente più complicata che nel passato. Nella cultura contemporanea si manifesta un antagonismo paradossale tra la prima e la seconda: più nascondiamo la dimensione dell’utilità di un oggetto architettonico più abbiamo la possibilità di aumentare la dimensione della sua bellezza.
Ragionare sul significato della nozione di forma, articolata in morphe (la forma concreta) ed eidos (la forma astratta), può portare verso una soluzione possibile, secondo la quale parlare di un eidos non esclude un morphe, un qualcosa che potremmo chiamare “misura umana ideale”.
Dunque, un oggetto architettonico può essere bello se la sua dimensione afferma, e non nega, la sua utilità, perché affermare la sua utilità significa affermare una parte essenziale del suo stato identitario.
Progettazione d’interni
Vivere felicemente gli spazi interni di un’abitazione o di un luogo di lavoro dovrebbe essere l’obiettivo di ogni architetto d’interni. In uno spazio ben progettato e conforme alle esigenze di chi lo abita si vive meglio. Progettare l’architettura d’interni significa fondere estetica e funzionalità.
L’interlocutore tra tale forma d’arte e la sua realizzazione è dunque una figura specializzata, l’architetto d’interni, una persona in grado di mettere in relazione vari temi fino a concretizzarli in un progetto: è colui che dialoga con il fruitore, individuando la funzione dei diversi ambienti, come il corretto posizionamento di zona giorno e zona notte, studiandoli per renderli efficienti, mediante l’utilizzo di tonalità di grigi o l’abbassamento di corridoi molto alti in modo da rendere l’ambiente visivamente più ampio, progettando percorsi e luoghi dello stare, scegliendo punti di luce e distribuendoli in modo da creare una determinata atmosfera.
In un mondo dove le relazioni sono ormai azzerate, il dialogo è la prima fase che guida un’architettura d’interni di qualità, poiché permette di procedere alla personalizzazione degli spazi in ogni dettaglio, arrivando ad un risultato spontaneo di un ambiente che sembra essersi creato da sé.
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